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I parte Dagherr�tipi
Tanti anni fa nacqui in Sill�poli.
Quant'anni?
Tanti.
Pago ridente in amenissima contrada.
Da pagus: il prof. Santillo sapeva il latino.
E ci teneva che si sapesse.
Affermava pure che quel nome, insignificante per i pi�, vantava invece rispettabilissime origini: da Silla.
Si, quello che fa binomio con Mario.
Venne a crepare a Nola, e Sill�poli ne dista un'ora di mulo.
Poco importava che fosse stato uno Stalin ante litteram: era dell'antica Roma e ci� gli bastava.
In un'epoca in cui il sole domava i suoi cavalli sul colle nostro, un'origine latina per un borgo di braccianti agricoli, era il top.
"Santillo � un asino con la laurea" Don Manlio lo sopportava come il prurito alle emorroidi.
"Predappio Predappio, quante ne hai fatte!"
Sciarpa Littorio e Capodivisione il Minculpop il prof. Santillo si riteneva un'autorit�.
"Da Silla � Sill�poli, non Sill�poli:gnurant!" Meno auliche le origini, anche se risalenti all'epoca della terza Crociata.
Pare che un nobiluomo inglese, partito per la Terra Santa al seguito di Riccardo I�, al ritorno si sia fermato in Campania perch� affascinato dal clima e dalle contadinotte.
Se le fece tutte.
Al villaggio che sorse intorno al suo castello, popolato da figli illegittimi e zappaterra cornuti e gabbati, quel perfido Albionico impose il nome di Sill�poli, derivandolo dall'inglese silly (sciocco) e dal greco polis : PAESE DEI FESSI.
Un semplice scherzo del c.
Cos� parl� don Manlio, e il prof. Santillo voleva mandarlo al confino.
Per lesa latinit�.
Ma il Principale non volle: mezzo litro d'olio di ricino gli avrebbe ammosciato gli zebedei.
Riuscirono solo a guarirne la stitichezza.
Io sono con Micomarci�llo : Sill�poli? Troppo bellissimo.
Cacall�rt, Scassaseggia, Pichinack, Chiuock, Spruockl, Piattencape, Pest ...
Gente semplice che neppure s'adombrava, che faticava tra stella e stella per una cotta di fagioli, che cantava a pancia vuota, che mi accolse con tenera sollecitudine quando, morto mio padre, nacqui io.
Le case avevano ancora il lume a petrolio e i baiass�culi le ruote piene.
Zi' Tore 'o craparo, una lucerna in coccio alimentata con grasso di pecora.
"Ueh, vulit' 'o ccist! "
L'ugliararo e sua moglie, spingendo il carrettino porta a porta, offrivano petrolio acetilene candele: ogni giorno all'imbrunire, con ogni tempo.
"Ueh, vulit' 'o ccist!"
Avevano un figlio della mia et�: quanto invidiavo le sue scarpe lustre , i suoi maglioncini onesti, la sua divisa da balilla.
E lui invidiava lo sfolgorio della lampadina da 15 candele in casa mia:=Sembra festa!
Tutto gli passavano, meno la luce elettrica:'o ccist dava loro da vivere: sarebbe stato un tradimento.
"Stut" a luce!"
Il grido di mia madre mi scuote ancora.
Come il clacson che t'incalza appena il semaforo passa al verde e tu non parti come a Monza.
Le bollette della luce erano un dramma.
Tutto fu un dramma con la morte di mio padre.
Meno il sonno.
Si dormiva a scialacore, anche se la sera avevamo cenato con mugnoli appanati e acqua di pozzo.
Che dormite!
E all'alba brumosa che ne seguiva, il risveglio pigro dolcissimo alla voce del venditore di spezie:
"Annesi�ll'e ffenocchi�ll ... 'o ppepe ... 'o ppep�ula fort ... 'e pestill ... 'e pestill"
Una nenia in falsetto, lenta, malinconica: ti svegliava con la promessa di lasciarti dormire ancora un quarto d'ora.
Zi' Giovanni: vecchio per i miei anni, scarno, occhi tracomatosi.
Appariva all'angolo del Barbiere col suo cappellaccio legato sotto il mento, il suo sacchetto delle spezie su di una spalla la bilancia romana sull'altra.
Si fermava, scatarrava e, come a chiamar le nuvole, mandava al cielo la sua povera lirica:
"Annesi�ll'e ffenocchi�ll ..."
Ma ecco Lauri�nzio:
"Tengh''e ppall' p'alless'!"
Un vociare di ragazzi con la ciotola e due soldi: a ciascuno un mestolo di brodo odoroso di lauro e cinque castagne bollite.
Mai due soldi per me.
"Chi sa che gli fanno mangiare!"
Mia madre ci provava, ma la fortuna di scansar dolori di pancia non riusciva a compensare il desiderio che m'inondava la bocca e mi stringeva il cuore.
M'alzavo dal letto di preglie infilandomi subito maglia e calzoni per non gelare.
La pip� nel pitale dietro 1'uscio, sempre pericolosamente ricolmo perch� eravamo in sei ed io ero sempre l'ultimo.
Mia madre dabbasso preparava latte e caff� d'orzo per tutti.
Tranne le giornate di panificazione: all'ora nostra la pasta era gi� lievitata e mia madre friggeva pizzette nella sugna.
Le mangiavamo a piccoli morsi, non tanta perch� scottavano, ma perch� durassero di pi�.
Partivamo per la scuola, la pizzetta in un foglio di quaderno, l'alito che faceva nuvolette, forse allegri nonostante tutto.
Prof. Marmo
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